Un nuovo patto come nel ’93

Un nuovo patto come nel ’93

Sindacato

Un nuovo patto come nel ’93

di Luigi Sbarra

Sono passati trent’anni dall’accordo del 23 luglio 1993: per dirla con Gino Giugni, all’epoca Ministro del Lavoro, una vera “Costituzione delle relazioni industriali” in cui tutte le parti si impegnavano reciprocamente su obiettivi di politica dei redditi, economica e sociale.

Il “Protocollo Tarantelli” – come fu giustamente chiamato in onore del grande economista che lo teorizzò pagando con la vita la propria lungimiranza – mostrò come le regole di una “concertazione” strutturata potessero effettivamente determinare le dinamiche economiche del Paese.

Voluto fortemente dalla Cisl, guidata da Sergio D’Antoni, quel “patto” garantì un lungo periodo di dialogo costruttivo che salvò l’Italia dalla bancarotta, rilanciò il potere d’acquisto reale di salari e pensioni, consentì le riforme e l’ingresso dell’Italia nella moneta unica europea.

Alla fine degli anni novanta, la fine del dialogo strutturato tra Governo, sindacato e imprese, l’avanzare della disintermediazione politica e di un conflitto tra partiti urlato e irresponsabile, consegnò il Paese al declino e al populismo, interrompendo quella road map e lasciando che la dialettica sociale del cambiamento fosse espressa dalle sole lobby.

I risultati purtroppo sono sotto gli occhi di tutti: freno alla crescita economica, all’innovazio ne, bassi redditi e salari, disuguaglianze in aumento, produttività e redistribuzione al palo, infrastrutture e riforme negate. A tre decenni esatti da allora, dobbiamo tornare a far nostra la lezione di quell’accordo storico, puntando energie su obiettivi diversi, a partire dalla politica dei redditi. Allora era necessario freddare l’arroven tarsi della spirale prezzi-salari. Oggi il traguardo è diverso, per certi versi opposto: bisogna spezzare una spirale inflazionistica “da offerta”, legata alla propagazione del carovita nei beni essenziali ed energetici.

La via per elevare salari e pensioni passa per il rinnovo di tutti i contratti pubblici e privati, il contrasto alla speculazione e il controllo di prezzi e tariffe, una riforma fiscale redistributiva e progressiva che sposti il baricentro del prelievo dai redditi agli extraprofitti e alle rendite finanziarie e immobiliari, dichiarando anche una guerra spietata all’evasione e all’elu sione fiscale e contributiva. La grande priorità oggi è aumentare stipendi e pensioni ed in questo contesto un salario minimo dignitoso serve, ma deve essere di natura contrattuale, con l’estensione ai settori ancora non coperti dei trattamenti economici complessivi dei contratti prevalenti più prossimi e affini. Tanti e decisivi sono gli obiettivi da raggiungere attraverso un dialogo sociale rinsaldato: dobbiamo mettere in campo buone flessibilità negoziate che accelerino i cantieri del PNRR e redistribuiscano la produttività sui lavoratori. Vanno costruite politiche attive efficaci verso un nuovo Statuto della persona che assicuri a tutti i lavoratori, autonomi e subordinati, protezioni universali, formazione continua, sostegno al reddito, orientamento all’occupazione. Servono politiche industriali degne di questo nome ed un intervento pubblico che guadagni alla crescita il Mezzogiorno. Bisogna sbloccare gli investimenti pubblici e privati, rafforzando le condizionalità sociali, condividendo in modo integrato e trasparente la rotta delle dotazioni nazionali ed europee, assicurando le nuove assunzioni nel pubblico impiego. Occorre ridefinire un sistema pensionistico socialmente sostenibile, flessibile, inclusivo, rilanciare la sanità pubblica con opportune risorse, assumere medici e infermieri, tagliare le liste di attesa, assicurare interventi nella medicina territoriale e di prossimità nella prospettiva di integrare i servizi socio-sanitari – assistenziali.

L’obiettivo strategico di questa stagione deve essere l’evo luzione compiuta della partecipazione e della democrazia economica, ovvero di relazioni industriali ispirate all’articolo 46 della Costituzione, volte a un più forte coinvolgimento dei lavoratori all’organizzazio ne, alla gestione ed ai profitti delle imprese. È da questo assunto partecipativo che dobbiamo costruire insieme un accordo vero, sano, costruttivo, possibilmente unitario. Un Patto non è mai un tiro alla fune. Funziona se ognuno è pronto a metterci del suo verso traguardi condivisi. Su questo, oggi, chiamiamo il Governo ed i nostri interlocutori sociali. Puntando la bussola ideale sul traguardo dell’accordo del 23 luglio del 1993 che fu punto di arrivo di una stagione di intese anche non unitarie – come quella di San Valentino del 1984 – ma non per questo meno giuste.

Segretario Generale Cisl

( 22 luglio 2023 )

 

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