LA GESTIONE DEI MIGRANTI SEGUENDO SAN FRANCESCO

LA GESTIONE DEI MIGRANTI SEGUENDO SAN FRANCESCO

Gestire e governare in modo efficace e lungimirante il fenomeno migratorio non significa
limitarsi ad irrealistiche azioni di deterrenza

Dino Perboni (Segretario Cisl Asse del Po) e Kaur Kirandeep (Co-Presidente Anolf Asse del Po)

Gestire e governare in modo efficace e lungimirante il fenomeno migratorio non significa limitarsi
ad irrealistiche azioni di deterrenza. Occorrono, invece, norme che gestiscano i flussi d’ingresso e la
permanenza regolare dei cittadini stranieri, contrastando così il lavoro nero e lo sfruttamento. E’
urgente aprire corridoi umanitari e aumentare i reinsediamenti, per consentire alle persone che
fuggono da guerre, persecuzioni, fame e povertà di entrare in Italia e in Europa senza mettere in
pericolo la loro vita. Le risposte emergenziali, così come emergenziale è tutta la visione sulle
questioni migratorie, hanno costruito, negli ultimi 20 anni, una normativa frammentata di leggi e
decreti che non hanno dato la risposta necessaria ad affrontare in modo adeguato la questione posta
dai richiedenti asilo e la possibilità di costruire un percorso di accompagnamento verso l’integrazione.
Senza un piano organico, ci ritroviamo con soluzioni drammatiche alternate a soluzioni virtuose,
storie di integrazione e storie di disintegrazione; come sappiamo e come sempre diciamo le risposte
emergenziali danno risultati poco trasparenti e spesso inefficaci. Non ci possiamo indignare, ogni
volta che ci sono morti nel Mediterraneo e poi non attivare uno sforzo affinché si possano costruire
condizioni e azioni per realizzare quell’inclusione, che veda l’immigrazione come risorsa e non come
problema. La legge sulla cittadinanza ha una storia e percorsi travagliati; è stata, ed è, subordinata
alle convenienze politiche, alle incapacità di visione, a sguardi senza prospettiva. La cittadinanza che
una persona si ritrova ad avere è un costrutto dell’uomo; è frutto di un mondo organizzato in stati che
non potrebbe esistere senza le frontiere. Noi guardiamo “oltre le frontiere” e non possiamo dare per
acquisita questa realtà di separazioni come se fosse determinata in via soprannaturale; dobbiamo
sapere e ricordarci che la suddivisione del mondo, e il tracciato di limiti e frontiere è frutto della
volontà umana. E questa volontà umana di dividere la terra con linee immaginarie, determina, che
nascendo al di là o al di qua di una frontiera, la vita sarà differente, potrà avere opportunità e agiatezza
oppure predestinazione e stenti. E la cultura del mondo oggi ritiene tanto deterministica questa
causalità da non essere più in grado di capire quando sia insostenibile ed indifendibile eticamente il
separare ricchi e poveri, vittime e superstiti, oppressi e liberi, fortunati e svantaggiati. Le politiche
migratorie nel nostro continente pongono a noi un problema profondo e complesso; se qualcuno ha
costruito un mondo in cui la possibilità di vivere dipende dalla nazione in cui nasce, noi dobbiamo
scegliere cosa fare e come agire. E lo dobbiamo fare ricordandoci che noi siamo liberi se creiamo e
non se copiamo, se pensiamo e non se obbediamo. Dobbiamo quindi recuperare una visione del
mondo e della società riappropriarsi dei nostri valori fondativi della libertà, dell’eguaglianza e della
fraternità, ed essere fermi e coraggiosi nell’agire per la costruzione di una società aperta. I poveri, gli
esclusi, i fuggiaschi non hanno bisogno di carità, per quanto possa essere amorevole, hanno bisogno
di giustizia e di fraternità, e questo è un atto di eguaglianza e di consapevolezza, ed anche di libertà.
Come ci ha insegnato San Francesco: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è
possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”.

 

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